Dott. Lorenzo Corsi C- Biologo Nutrizionista
CF: CRSLNZ62H07B832N - PI: 00617750450
Alimentazione e rischio cardiovascolare
Nell'uomo
e
nei
vertebrati
l'apparato
circolatorio
è
un
sistema
chiuso
costituito
dal
cuore
e
dai
vasi
(arterie
e
vene).
Il
cuore
svolge
la
funzione
di
pompare
il
sangue
con
lo
scopo
di
trasportare
gas
respiratori
(ossigeno
e
anidride
carbonica),
nutrienti,
prodotti
di
rifiuto,
ormoni,
anticorpi
e
sali.
L'integrità
funzionale
di
questo
apparato
garantisce
lo
stato
di
salute
e
per
il
suo
buon
funzionamento
è
necessario
che
il
flusso
di
sangue,
nel
suo
percorso
all'interno
dei
vasi,
non incontri alcun ostacolo.
Esistono
però
situazioni
in
cui
placche
di
tessuto
fibroso
e
materiale
lipidico
si
fissano
sulla
superficie
interna
delle
arterie
ostruendole
e
impedendo
al
sangue
di
irrorare
la
zona
a
valle
con
complicazioni
mortali
o
invalidanti
(infarto
del
miocardio,
ictus
cerebrale).
La
formazione
delle
placche
arteriosclerotiche
(sono
così
definiti
i
depositi
fibro-adiposo
che
ostruiscono
le
arterie)
inizia
con
una
lesione
della
parete
interna
e
la
successiva
deposizione
di
sostanze
riduce
il
lume
ed
ostacola
il
flusso
di
sangue
compromettendo
la
nutrizione
e
la
rimozione
dei
prodotti
di
scarto
della
zona
irrorata.
Gli
organi
ed
i
tessuti
possono
subire
così
un
danno
che
può
risultare
grave
ed
anche
letale.
Fattori
responsabili
di
questa
lesione
sono
l'iperlipidemia,
la
nicotina
e
l'ipertensione
arteriosa.
L'alterazione
del
quadro
lipidico
è
profondamente
implicato
nella
genesi
e
progressione
del
processo
arteriosclerotico
ed
in
particolare
modo
l'aumento
delle
LDL
ed
una
riduzione
delle
HDL
agiscono
da
promotori
favorendo
l'accumulo
di
colesterolo
nella
parete
arteriosa.
Molti
studi
confermano
che
l'incidenza
di
infarto
del
miocardio
subisce
un
decremento
se
si
riduce
il
livello
di
colesterolo
legato
alle
lipoproteine
LDL
e
con
certezza
la
riduzione
dei
livelli
di
LDL
può
rallentare
l'avanzamento
delle
lesioni
arteriosclerotiche e favorirne la regressione.
Numerosi
studi
confermano
la
relazione
tra
abitudini
alimentari
e
arteriosclerosi,
è
stato
accertato
che
i
grassi
saturi
prevalentemente
contenuti
nei
tessuti
animali
aumentano
il
livello
di
quelle
frazioni
di
colesterolo
fortemente
coinvolte
nella
formazione
delle
placche
arteriosclerotiche
e
sono
pertanto
indicati
fra
i
principali
fattori
di
rischio
per
accidenti
cardiovascolari.
La
principale
causa
di
morte
nei
paesi
industrializzati
sono
le
malattie
cardiovascolari
e
secondo
alcune
valutazioni
la
loro
esclusione
aumenterebbe
in
Europa
la
speranza
di
vita
di
sette
anni.
La
riduzione
dei
livelli
di
colesterolo
LDL
è
fra
i
principali
obiettivi
delle
amministrazioni
sanitarie
del
mondo
industrializzato
e
considerando
gli
effetti
positivi
manifestati
da
alcuni
schemi
alimentari
sul
riequilibrio
del
quadro
lipidico,
una
serie
di
comitati
nazionali
ed
internazionali
hanno
posto
come
primo
atto
nella
cura
delle
dislipidemie
il
trattamento
nutrizionale
sottolineando
che
l'eventuale
passaggio
alla
terapia
farmacologica
dovrebbe
essere
valutato
solo
nel
caso
in
cui
dopo
alcuni
mesi
di
controllo
nutrizionale
i
valori
di
colesterolo
non
abbiano
raggiunto
i
livelli
desiderati.
Anche
nel
caso
in
cui
si
rendesse
necessario
l'intervento
farmacologico,
questo
dovrebbe
essere
associato
ad
un
corretto
programma
nutrizionale
al
fine
di
ottimizzare
il
dosaggio
del
farmaco
e
minimizzarne
gli
eventuali
effetti collaterali.
È
utile
ricordare
che
l'approccio
nutrizionale
nella
correzione
del
quadro
lipidico
non
dovrebbe
essere
ricondotto
semplicisticamente
alla
eliminazione
degli
alimenti
contenenti
una
elevata
quantità
di
colesterolo
ma
dovrebbe
essere
mirato
al
riequilibrio
e
all'ottimizzazione
dei
rendimenti
metabolici
riducendo
l'eccedenza
ponderale,
troppo
spesso
presente
nei
soggetti
con
il
quadro
lipidico
alterato.
La
sola
eliminazione
di
alcuni
alimenti
ricchi
di
colesterolo,
se
non
si
presta
attenzione
all'eccesso
calorico
ed
ai
fattori
che
lo
determinano,
è
pressoché
inutile
visto
che
questo
composto
può
essere
prodotto
dall'organismo
dalle
eccedenze
alimentari.
È
però
necessario
riconoscere
che
esistono
differenze
nei
livelli
di
lipidi
plasmatici
fra
vegetariani
e
carnivori
indipendentemente
dal
peso,
probabilmente
il
diverso
apporto
qualitativo
di
grassi,
la
maggior
quantità
di
fibre
assunte
ed
altri
fattori
presenti
nelle
diete
vegetariane
contribuiscono
a
mantenere
i
livelli
medi
di
colesterolo
più
bassi.
Altre
sostanze
ad
effetto
antiossidante
come
le
vitamine
ed
i
fitoestrogeni
hanno
un
effetto
benefico
nei
confronti
dell'endotelio
vascolare
indipendentemente dal colesterolo.
Negli
ultimi
anni
si
è
assistito
ad
un
interesse
crescente
della
comunità
scientifica
nei
confronti
dell'omocisteina
come
fattore
di
rischio
cardiovascolare.
L'elevata
concentrazione
nel
sangue
di
questa
sostanza
è
un
fattore
di
rischio
accertato
per
l'ictus,
la
patologia
occlusiva
arteriosa,
la
trombosi
venosa,
la
malattia
aterosclerotica
cardiovascolare
ed
è
probabilmente
coinvolta
nella
malattia
di
Alzheimer
e
nelle
demenze
vascolari.
Trascurando
le
cause
su
base
genetica,
alcune
condizioni
patologiche
o
terapie
farmacologiche
che
incidono
negativamente
sui
livelli
di
tale
sostanza,
i
livelli
di
omocisteina
risentono
della
carenza
nutrizionale
di
vitamina
B6,
B12
e
acido
folico.
Una
ridotta
assunzione
di
questi
fattori
vitaminici
è
responsabile
dell'aumento
della
concentrazione
di
omocisteina
plasmatica.
Poiché
in
alcuni
vegetariani
sono
stati
riportati
più
elevati
livelli
plasmatici
di
omocisteina
che
possono
essere
riconducibili
a
inadeguate
assunzioni
di
vitamina
B12,
è
legittimo
chiedersi
se
ciò
possa
costituire
un
fattore
di
rischio
cardiovascolare
in
questa
popolazione.
In
realtà
i
vegetariani
hanno
un
rischio
cardiovascolare
ridotto
rispetto
ai
non
vegetariani
e
diete
vegetariane
e
quasi
vegane
sono
state
utilizzate
con
successo
nel
trattamento
di
condizioni
a
rischio
mostrando
tutta
la
loro
efficacia
nel
modificare
in
meglio
i
numerosi
fattori
di
rischio.
In
ogni
caso
appare
opportuno
considerare
corretta
l'assunzione
di
integratori
di
vitamina
B12
anche
nei
vegetariani
che
non
consumano
regolarmente
fonti
di
questo
nutriente.
Anche
l'ipertensione
è
un
fattore
di
rischio
importante
nella
genesi
delle
problematiche
cardiovascolari
e
sebbene
in
Europa
la
pressione
arteriosa
aumenti
con
l'età,
lo
stesso
non
si
può
dire
di
altri
paesi
del
mondo
in
cui
i
fattori
ambientali,
ivi
compresa
la
dieta,
siano
profondamente
diversi.
L'ipertensione
arteriosa
rappresenta
un
fattore
di
rischio
tanto
negli
anziani
quanto
nei
giovani
e
considerando
i
rischi
ai
quali
è
associata,
la
sua
prevenzione
può
dimostrarsi
altrettanto
importante
in
tutte
le
fasce
di
età.
L'aumento
della
pressione
arteriosa
legato
all'età
non
è
inevitabile
a
patto
di
affrontare
con
criterio,
razionalità
e
buon
senso
i
principali
fattori
nutrizionali
implicati
nella
genesi
della
suddetta
condizione.
L'obesità
è
per
esempio
correlata
a
tutte
le
età
con
l'ipertensione
e
agendo
solo
su
questo
fattore,
indipendentemente
dalla
contemporanea
restrizione
di
sodio,
è
possibile ridurre la pressione arteriosa.
Altri
fattori
nutrizionali
capaci
di
influenzare
l'omeostasi
pressoria
sono
l'alcool,
i
grassi
ed
alcuni
minerali,
ma
è
nel
suo
complesso
che
l'alimentazione
dovrebbe
essere
considerata.
L'effetto
combinato
dei
vari
fattori
nutrizionali
come
la
riduzione
della
densità
calorica,
dell'apporto
di
sodio
e
di
grassi,
l'aumento
della
quantità
di
fibre,
un
diverso
rapporto
fra
proteine
animali
e
vegetali
ed
un
miglior
rapporto
acidi
grassi
polinsaturi/saturi,
sulla
pressione
arteriosa
lo
si
osserva
nelle
diete
vegetariane
ben
equilibrate
e
strutturate.
I
vegetariani
mostrano
infatti
una
riduzione
dei
livelli
pressori
rispetto
ad
una
popolazione
non
vegetariana
ed
un
minor
rischio
cardiovascolare.
Le
numerose
ricerche
scientifiche
mostrano
che
il
ruolo
dell'alimentazione
nella
gestione
dell'ipertensione
è
estremamente
importante
e
in
alcuni
casi
un
corretto
programma
di
riequilibrio
nutrizionale
può
comportare
la
riduzione
o
perfino
l'abolizione
della
stessa
terapia
farmacologica.
Ma
come
per
l'ipercolesterolemia,
se
la
sospensione
dei
farmaci
non
fosse
un
obiettivo
perseguibile,
la
terapia
dovrebbe
essere
comunque
supportata
da
un
attento
controllo
nutrizionale
al
fine
di
limitare
il
dosaggio
farmacologico
ed
i
suoi
effetti
collaterali.
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