Dott. Lorenzo Corsi C- Biologo Nutrizionista 349.67.00.453
CF: CRSLNZ62H07B832N - PI: 00617750450
CF: CRSLNZ62H07B832N - PI: 00617750450
Lavoro per migliorare la tua salute psicofisica
Test di intolleranza alimentare
Le
metodiche
elencati,
«
sottoposte
a
valutazione
clinica
attraverso
studi
controllati,
si
sono
dimostrate
prive
di
credibilità
scientifica
e
validità
clinica.
Pertanto non
sono
assolutamente
da
prescrivere
».
Non
sono
di
aiuto
al
medico
nel
formulare
una
diagnosi
e
ovviamente
non
servono
ad
un
professionista della nutrizione.
Metodiche non validate
•
Provocazione
neutralizzazione
intradermica
e
sublinguale
•
kinesiologia applicata
•
Test
elettrodermici
(EAV,
Vega
test,
Sarm
test,
Biostrenght test e varianti)
•
Biorisonanza
•
Iridologia
•
Analisi del Capello
•
Pulse Test
•
Strenght Test
•
Riflesso cardio Auricolare
•
Test Citotossico o di Bryan
•
Dosaggio delle IgG4
Tratto
dal
documento
condiviso
da
FNOMCeO
,
SIAAIC
,
AAITO
e
SIAIP
.
La perdita di peso
La
perdita
di
peso
necessaria
al
miglioramento
dello
stato
di
salute
o
per
migliorare
le
prestazioni
atletiche deve essere a carico del tessuto adiposo.
E’
noto
dalla
biochimica
che
per
utilizzare
il
grasso
di
deposito
occorre
impiegarlo
come
fonte
di
energia e non può essere eliminato diversamente.
I
tempi
per
la
sua
ossidazione
ad
anidride
carbonica
e
acqua
sono
vincolati
e
dipendenti
da
molti fattori.
Considerando
la
sua
composizione
media,
l’energia
contenuta
in
un
kg
di
tessuto
adiposo
ammonta
a
circa 7500/8000 kcal.
Pertanto,
per
essere
certi
di
perdere,
a
seguito
di
un
trattamento
qualsiasi,
peso
a
carico
del
tessuto
adiposo
è
necessario
creare
le
condizioni
per
l’utilizzo
dei
grassi
in
esso
contenuti
come
fonte
di
energia.
E’
dimostrabile
che
variazioni
di
peso
in
poche
ore
o
pochi
giorni
non
possono
essere
riconducibili
alle
riserve energetiche contenute nel tessuto adiposo.
Per
questo,
la
perdita
di
peso
registrata
dopo
una
sauna,
una
corsa,
o
dopo
un
qualsiasi
altro
trattamento
realizzato
con
manipolazioni
esterne
(manuale
o
con
macchinario),
non
può
essere
a
carico del tessuto adiposo.
Il peso corporeo
Il
peso
corporeo
è
un
riflesso
del
nostro
stato
interiore
e
può
essere
considerato
come
una
misura
del
modo
che
abbiamo
di
relazionarci
con
il
nostro
ambiente,
non
solo
fisico
ma
anche
con
quello
prodotto
dai
nostri
rapporti
interpersonali,
dall’insieme
dei
nostri
pensieri,
sentimenti,
comportamenti, valori e obiettivi.
Tutto
questo
condiziona
profondamente
la
nostra
alimentazione
e
la
nostra
propensione
a
fare
attività fisica.
Per
modificare
in
modo
permanente
il
peso
corporeo
(fermo
restando
i
limiti
costituzionali)
non
è
sufficiente
cambiare
solo
o
in
piccola
parte
qualche
abitudine
quotidiana,
è
necessario
dare
un
significato
diverso
alla
realtà
e
vivere
in
altro
modo
le esperienze quotidiane.
Anoressia atletica
Negli
ultimi
anni
è
stato
osservato
che
un
numero
crescente
di
donne
atleticamente
attive
mostravano
segni
riconducibili
ad
un
disturbo
della
condotta
alimentare
e
ciò
ha
indotto
a
ritenere
che,
in
alcuni
casi,
la
pratica
sportiva
può
essere
una possibile concausa di un DCA.
In
molte
attività
(salto
con
gli
sci,
ciclismo
su
strada,
arrampicata,
ginnastica
acrobatica
femminile,
ginnastica
ritmica
e
corsa
nella
lunga
distanza)
le
prestazioni
fisiche
sono
determinate
non
solo
dalle
abilità
degli
atleti
ma
anche
da
un
basso
peso
corporeo.
Così
gli
atleti
limitano
le
calorie
e/o
si
sovra
esercitano
per
ottenere
o
mantenere
una
bassa
massa
corporea
e
di
grasso
trascurando
il
fatto
che
diversi
disturbi
metabolici
ed
endocrini
sono
il
risultato di una restrizione prolungata di energia.
Negli
anni
90
è
stato
introdotto
Il
concetto
di
anoressia
atletica,
distinto
da
quello
di
anoressia
nervosa
soprattutto
per
quanto
concerne
le
motivazioni
che
inducono
alla
riduzione
dell’apporto
energetico.
In
ambito
sportivo
uno
sbilanciato
apporto
calorico
si
manifesta
maggiormente
nelle
attività
in
cui
la
prestazione
ginnica
dipende
dalla
ridotta
quantità
di
tessuto
adiposo
oppure
dove
l’aspetto
fisico
può
condizionare l’esito finale.
In
ogni
caso,
le
conseguenze
di
una
alimentazione
inadeguata
rispetto
ai
bisogni
sono
inevitabili
e
pericolose per la salute psicofisica.
Un
importante
ruolo
per
la
prevenzione
dei
Disturbi
del
Comportamento
Alimentare
in
ambito
sportivo,
può
essere
esercitato
dall’allenatore.
La
sua
posizione,
particolarmente
privilegiata,
lo
pone
nella
condizione
di
poter
cogliere
alcuni
segni
premonitori
da
far
sospettare
la
predisposizione
o
la
comparsa
di
un
DCA,
soprattutto
nelle
giovani
atlete
in
cui
normali
pattern
di
crescita
che
prevedono
la
deposizione
del
grasso
in
certi
distretti
corporei,
vengono
vissuti
dalle
ragazze
come un ostacolo alla prestazione sportiva.
A
volte,
può
anche
succedere
che,
per
motivi
tecnici,
un
coach
poco
attento,
spinga
soggetti
predisposti
o
vulnerabili
e
che
cercano
nella
pratica
sportiva
un
ambiente
che
“sostenga”
un
loro
disturbo
preesistente,
a
ridurre
eccessivamente
il
peso,
rischiando
così
di
innescare
dinamiche
complesse
che
possono
condurre
a
un
disturbo
della condotta alimentare.
Digiuno intermittente (pubblicato su Serenis)
Gli
adattamenti
metabolici
osservati
durante
il
digiuno,
potrebbero
avere
delle
ripercussioni
positive
sullo
stato
di
salute
e
per
queste
ragioni
sono
stati
proposti
diversi
modelli
di
digiuno
intermittente
(DI)
con
la
promessa
di
migliorare
la
salute generale.
Spesso,
in
seguito
alla
adozione
di
certi
schemi
alimentari,
è
stato
osservato
anche
un
calo
del
peso
suggerendone
l’utilizzo
come
pratica
dimagrante.
Una
recente
metanalisi
ha
però
mostrato
che
i
regimi
a
DI
producono
un
calo
ponderale simile alla normale restrizione calorica.
Poiché
il
DI
non
è
sicuro
per
tutti,
non
dovrebbe
essere
proposto
come
sana
pratica
alimentare
finalizzata
alla
perdita
di
peso.
Un
modello
alimentare
che
impone
di
rimanere
a
lungo
senza
cibo,
aumentando
il
rischio
di
far
perdere
il
controllo
e
abbuffarsi,
può
contribuire
alla
genesi
di un DCA in soggetti vulnerabili.
Sono dell’idea che un professionista sanitario,
prima di suggerire il DI
dovrebbe valutare con estrema attenzione la
storia alimentare del/la candidato/a.
Alimentazione e qualità del sonno
Molti
processi
sono
coinvolti
nella
regolazione
del
sonno
e
negli
ultimi
anni
molte
attenzioni
sono
state
rivolte
a
comprendere
come
specifici
fattori
dietetici ne influenzino la qualità.
Per
esempio,
attraverso
manipolazioni
dietetiche
è
stato
possibile
evidenziare
il
possibile
ruolo
che
ha
il
triptofano,
un
aminoacido
essenziale.
Altri
nutrienti
(Zinco,
vitamine
del
gruppo
B,
polifenoli,
acidi
grassi
e
altre
sostanze)
sono
stati
studiati
e
messi in relazione con il sonno.
Tuttavia,
pensare
che
l’’assunzione
di
un
singolo
fattore
nutritivo
possa
essere
il
solo
elemento
determinante,
appare
riduttivo
e
semplicistico.
Per
esempio,
la
capacità
del
triptofano
di
attraversare
la
barriera
ematoencefalica,
è
influenzata
dalla
presenza
di
altri
aminoacidi
(LNAA)
e
secondo
alcuni
autori,
i
pasti
ricchi
di
carboidrati
potrebbero,
con
il
coinvolgimento
dell’insulina,
aumentare
il
rapporto
triptofano/LNAA
e
condizionare
il
metabolismo
encefalico
del
precursore della serotonina.
Sicuramente
tra
alimentazione
e
qualità
del
sonno
esiste
una
relazione
bidirezionale,
il
tipo
di
alimentazione
condiziona
il
riposo
notturno
che
a
sua
volta
ha
effetti
sul
comportamento
alimentare
e
di
conseguenza sul peso.
La
sindrome
delle
apnee
ostruttive
durante
il
sonno
(OSA)
è
prevalente
nei
soggetti
obesi,
ha
effetti
negativi
sulla
qualità
del
riposo
ed
è
associata
a
un
aumentato
rischio
cardiovascolare.
D’altra
parte,
un
sonno
disturbato
per
ragioni
riconducibili
allo
stile
di
vita
sembra
avere
effetti
negativi
sull’alimentazione,
sul
peso
e
sullo
stato
di
salute.
Ci
sono
studi
che
mostrano
una
correlazione
tra
ridotta
durata
del
sonno
e
ipertensione,
obesità,
diabete,
dislipidemia
e
sindrome
metabolica.
Da
non
trascurate
poi
il
ruolo
negativo
esercitato
dal
continuo
ricorso
a
diete
restrittive
per
il
controllo
ossessivo
del
peso.
In
tutti
questi
casi,
garantire
uno
stato
di
nutrizione
ottimale
e
un
peso
adeguato,
attraverso
una
sana
alimentazione,
ben
bilanciata
e
distribuita
correttamente
nell’arco
della
giornata,
rappresenta
la
migliore
strategia
preventiva.